Mentre il mondo dorme

Le scuole elementari erano facili. Facili da togliere ogni dubbio di stupidità. Ricordo che le giornate si muovevano sul filo del tempo, in modo quasi impercettibile, tra le scorribande in bicicletta per il paese, a casa di amici e le tette della nostra compagna di classe che oramai era formata.

Il paese era un po' triste: due bar, una pizzeria, un pub, un benzinaio, due supermercati, un negozio di vestiti, un'edicola ed un fotografo. Il tutto a pochi metri l'uno dall'altro. Tuttora è così, ma ora ci sono 3 pizzerie in un metro quadro e qualche casa in più. Immaginatevi un paese in cui la chiesa fa da padrone, in cui il prete, durante l'omelia, predica la gioventù bruciata e l'amore per il prossimo allo stesso tempo. Un paese in cui tutti sanno di tutti, nessuno sa nulla di nessuno e tutti amano andare a messa per parlare dei cazzi degli altri o senstirsi parte della comunità catecumenale.

In quegli anni andavo a messa solo per uscire ed andare a comprare gli ultimi manga arrivati all'edicola di paese, tra i quali Dragonball, Saint Seya e Dash Kappei. Con una mano lesta a volte rubavo due caramelle e me le portavo a casa, in modo da rientrare nella spesa delle cinquemila lire e permettermi delle carie.

Ero un ladro innocente, privo di ogni malizia e le caramelle erano l'unica cosa che abbia mai rubato. Avvenimenti che accadevano molto sporadicamente ad intervalli molto lontani tra loro. E su questo vorrei essere fermo, perché ciò che accadde poco dopo, fu una delle lezioni di vita più importanti della mia vita.

Era una giornata di ottobre e stavamo andando con la maestra R. verso il centro culturale, dove ci sarebbe stato un importante avvenimento per le scuole. Forse un film gratuito, ma super figo, tipo quelle cose Disney. Il centro culturale si ergeva come monolito grigio ed orribile a pochi metri dal benzinaio, accanto alla casa in cui viveva una delle mie future fidanzatine. Ricordo che entrare in quell'antro buio era sempre uno shock visivo. Le sedie erano disposte come nei cinema (in discesa partendo dall'ingresso) e con uno schermo gigante in fondo, a circa dieci metri dall'ingresso. Quella volta mi sedetti dietro la maestra R., la quale aveva appoggiato la borsa a pochi metri di distanza da me.

Nulla accadde allora, a parte la visione del film, ovviamente. Tuttavia, qualcuno mi chiamò in segreteria, dopo essere stato accompagnato dai miei genitori. R. "Hai rubato tu le centomila lire che avevo nella borsa?". - Ricordavo che lei mi chiese di passarle la borsa, ad un certo punto, ma non avrei mai e poi mai fatto una cosa simile. A cosa serviva rubare soldi? Vuoi mettere le caramelle. E poi i miei genitori, la cresima, nonna, provvedevano di gran lunga al già scarso bisogno monetario. E poi...quanti sono centomila lire? Ah già, quei centomila lire dati alla cresima in busta chiusa e lasciati sopra l'armadio in camera. Chissà cosa si poteva comprare con centomile lire. Boh. - "No", risposi.

Un giorno arrivarono i carabinieri a casa, chiedendo scusa ai miei genitori per il disturbo, mortificati di dover chiedere una perquisizione nella camera di un bambino di appena 11 anni. Fecero la perquisizione ed ovviamente non trovarono le centomila lire della maestra. E nemmeno le centomila lire della cresima (per fortuna: "a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso ci si indovina").

Dopo 6 mesi, una lettera arrivò a casa recitando: "l'imputato è stato assolto in quanto minorenne".

Dopo 10 anni, scoprii che una mia compagna, successivamente divenuta suora e catecumenale, era cleptomane ed aveva rubato i soldi. Era credente, di chiesa e catecumenale. Per questo fu insabbiato tutto e nessuno disse nulla. Nessuno chiese scusa. Nessuno parlò di chi fosse stato.

"L'invidia di ieri non è già finita. Stasera vi invidio la vita"

C: "Penso Gesù mi debba delle scuse"
D: "Penso debba delle scuse a tutti"

Aprivo la mente al cuore, dove una oppressione di diversi centimetri premeva l'arteria polmonare. Moti di vergogna, angoscia e tempo sprecato si sommavano all'unisono in un ballo mortale. La follia che si racchiude in una sola frase, piena di sentimenti e rabbia: "E' un linfoma non-hodgkin, primitivo del mediastino. Inizi la chemio domani."


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